lunedì 23 maggio 2016

Ricordo di un sabato di 24 anni fa

Il canto delle rondini mi si attorciglia al collo, mi ricorda che la scuola sta per finire e che quest’anno molto probabilmente mi finirà male. Molto male. Ma non m’importa.
Sdraiata sul divano in un salone pieno di luce, leggo le mie poesie di Trilussa facendo finta di studiare fisica e aspetto che si faccia l’ora per prepararmi e uscire con Peppe. Penso a ciò che dovrò mettermi, a farmi la doccia mentre mia madre instancabilmente ripete dalla cucina:
-Titti! Sturìa!!!
Mio padre e le mie sorelle sono a Palermo. Ogni  sabato da quasi una decina d’anni mio padre le accompagna lì per la lezione di musica. Con me ha già abbandonato il pensiero da un pezzo. Ma ad ogni lite mi ricorda:
-Tu sei quella che ha lasciato il pianoforte!
In soggiorno mio zio legge il giornale e mio nonno guarda la tv.
E’ strano vederlo davanti alla televisione. Tranne la sera, non la guarda mai. Solitamente è concentrato sui suoi libri, sulla settimana enigmistica o sul suo solitario, lo stesso da sempre.
Ma quel pomeriggio non si stacca dalla televisione. Il volume è messo basso e non sentiamo. Mia madre è persa nella pulizia, nelle lavatrici, nei suoi pensieri e gira alla velocità della luce.
Ogni tanto mio nonno chiede:
-          Lita! Ma Natale turnao?
-          Litaaa! Ma Natale e i picciriddi arrivaro?
Mia madre distrattamente risponde di no.

Tardarono molto ad arrivare. Allora non c’erano cellulari. Saltò l’autostrada, saltarono le linee telefoniche, saltarono le macchine e purtroppo saltarono anche gli uomini.
Per poco non saltavano anche mio padre e le mie sorelle che in quel momento dovevano essere in quel tratto di strada per tornare a Trapani. Si salvarono per la logorrea di mio padre e del maestro di violoncello.
Non conoscevo quel giudice. Non sapevo le lotte che faceva e che aveva fatto.

La sera, prima di andare a letto, è d’obbligo raccontare una storia ai miei figli e tra “Cappuccetto Rosso” e  “Hansel e Gretel” ci sono anche  “Peppino e Felicia Impastato”, “Boris Giuliano”, “Barbara Rizzo e i gemellini Asta”,  “Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” e tanti altri. I particolari più truci vengono omessi ma i bambini sono abituati. Una favola che racconta di: due bambini abbandonati dai genitori, accolti da una vecchia che l’ingrassa per poi mangiarseli non è che sia meglio. Almeno queste che racconto sono storie vere, aprono il cervello e le racconto per NON DIMENTICARE


Nessun commento:

Posta un commento